Paolozzi: “Così si salvano gli antichi libri del Sud d’Italia”
Con questa intervista al filosofo Ernesto Paolozzi diamo il via a un’inchiesta sullo stato del patrimonio librario, composto da testi antichi e rarissimi, conservati nel Meridione d’Italia. Non ci limiteremo all’informazione giornalistica, ma cercheremo di aggregare studiosi, esponenti della cultura e semplici cittadini nel tentativo di salvare, almeno in parte, un patrimonio che non ha eguali nel Mondo e che rischia di essere disperso tra il disinteresse delle istituzioni.
Una quantità di libri antichi, rari o addirittura in copia unica, che non ha eguali nel Mondo. Testi manoscritti che trattano delle materie più varie: dalla matematica alla botanica, dall’astronomia al teatro, dalla storia alla cucina, dalla medicina alla religione. Si tratta del patrimonio librario del Mezzogiorno d’Italia, custodito in parte nelle biblioteche nazionali, dov’è inventariato e catalogato, e in quelle di centinaia di conventi sparsi in tutta l’area dell’antica Magna Grecia. Poi, ci sono ancora le biblioteche private, appartenute o tuttora appartenenti ad antiche famiglie nobiliari. Insomma, un grande patrimonio di cultura e tradizioni, cui le istituzioni pubbliche non prestano, anche per la scarsità di fondi a disposizione, la dovuta attenzione. Quasi che un libro scritto centinaia di anni fa non contasse quanto i resti di antichi monumenti.
Migliaia di volumi, non ancora tutti catalogati, nascondono opere di grande pregio e di assoluta importanza, che sembrano non avere diritto di cittadinanza neppure sul “territorio” di Internet. Il meritorio intervento di digitalizzazione di Google, si limita, per ovvie ragioni, a titoli più accessibili. I rischi, al momento sono due e altrettanto gravi: il primo è che questa ricchezza culturale e storica pian piano si disperda, il secondo è che, nell’operazione di digitalizzazione delle biblioteche, sia tagliata fuori una parte importante di tradizioni e conoscenze dell’Area mediterranea in tutti i campi dello scibile umano.
La rivista Partenope ne parla con Ernesto Paolozzi, docente di Storia della Filosofia Contemporanea presso l’Università Suor Orsola Benincasa, nonché presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dove è componente del Comitato scientifico. Autore di numerosi saggi e volumi molto fortunati, è tra l’altro un attento studioso dell’evoluzione della società e della cultura meridionali. Parlargli di libri, soprattutto antichi, è come invitarlo a giocare in casa, ma l’abitudine ad analizzare la realtà con l’occhio terzo dello studioso, lo porta subito a esprimere un pensiero: “Per intervenire a tutela del patrimonio librario meridionale occorrerebbero molti soldi. Tanti che lascerebbero dubbi anche in periodo di economia florida e crescente. Nella difficile situazione che attraversa oggi il Paese, figuriamoci se qualche istituzione, tra quelle deputate alla tutela del nostro patrimonio culturale, sia in grado di impegnare cifre tanto ingenti. Purtroppo, in questo momento, i fondi non bastano neppure per le emergenze”.
Allora, dobbiamo darci per vinti senza neppure combattere?
“Questo mai. Siamo abituati a battagliare per la cultura. Bisogna trovare l’alternativa all’intervento istituzionale, che certamente non arriverà. Anche se sarà parziale, comunque sarà utile a salvare qualche testo raro e a sensibilizzare l’opinione pubblica su una vicenda di interesse collettivo”.
Quale potrebbe essere questa alternativa?
“La testata giornalistica Partenope potrebbe promuovere una sorta di club, riunendo le persone che già manifestano un interesse per la conservazione. Un gruppo di amici che potrebbe recuperare un libro al mese, semmai informatizzandone il testo, per poi diffonderlo tra il grande pubblico”.
Rimane il problema della lingua. Si potrebbe ipotizzare un intervento di attualizzazione del linguaggio, senza modificare i contenuti?
“Quest’operazione è già stata sperimentata con successo da Piero Melograni con Il principe di Niccolò Machiavelli. Insieme con l’originale c’è la versione in italiano contemporaneo. Leggendola, tutti possono comprendere la grande attualità del pensiero del filosofo. È un intervento doppiamente meritorio, perché amplia il numero dei lettori e riporta in circolazione testi ormai dimenticati”.
Offrire a tutti l’accesso a queste conoscenze è anche un sistema per una cultura più democratica?
“Su questo tema ci andrei piano perché credo che oggi abbiamo un problema di eccessiva democratizzazione del sapere. Ad esempio la televisione, insieme con il vero professore o il vero esperto, spesso propone ‘truffatori culturali’ ai quali bisogna fare molta attenzione per i danni che possono provocare.
Bisogna dunque cercare un punto di equilibrio?
“Certo. L’equilibrio si trova con i grandi divulgatori che occupano lo spazio intermedio tra la cultura èlitaria e la sua assoluta banalizzazione e commercializzazione. Un esempio di divulgazione davvero valido sono stati gli sceneggiati televisivi degli Anni Sessanta. Penso ad esempio a I Promessi Sposi”.
Il recupero di antichi volumi rappresenterebbe il recupero del passato?
“Lungi da noi proporre una storiografia antiquaria o monumentale. Il passato si recupera solo se lo si rende vivo e attuale. Come diceva Croce: ‘Ogni storia, se è vera storia, è storia contemporanea’”.
Come scegliere tra la miriade di testi dimenticati?
“Se l’operazione è compiuta dai privati, date le scarse risorse, occorre essere molto selettivi e puntare sull’interesse più ampio possibile per la gente e, soprattutto sulla modernità degli scritti antichi. Quel gruppo di amici, dunque, dovrà essere composto da esperti delle varie materie per compiere un lavoro che sia veramente efficace”.