Il Maestro Bottiglieri durante l’epoca dei Borbone
Non appena si entra nel quadriportico del Duomo di Salerno, si è colpiti da tre statue che campeggiano sulla balaustra barocca dell’ingresso. Rappresentano San Matteo, centrale, e i santi vescovi salernitani Bonosio e Grammazio ai lati dell’Apostolo. La statua dell’evangelista e patrono è firmata sul plinto di base “M. Bottiglieri F.” e fu eseguita tra il 1733 e il 1738, mentre le statue dei due vescovi furono installate nel 1746, provenienti da Napoli, dove erano state scolpite dallo stesso autore. Le tre sculture furono commissionate al Bottiglieri dall’arcivescovo Fabrizio De Capua.
Ma chi era Matteo Bottiglieri? Lo storico Teodoro Fittipaldi dice che “…fu un grande, autentico caposcuola” che, a differenza di come si crede, non fu scultore napoletano, ma salernitano, pur operando nella Napoli, capitale del Regno dei Borbone. Matteo Bottiglieri, infatti, nacque a Castiglione del Genovesi, nel 1680, così come attestato nel “processo matrimoniale” per le nozze, avvenute nel 1714 con Cecilia Coccorese, dove si legge: “Io doppo che mi partii dalla terra di Castiglione mia patria che fu nell’anno 1696 e mi portai in questa città di Napoli, non mi sono più partito ed habito sotto la Parrocchia di Ave Grazia Plena di Fonseca”.
E ancor più esauriente è l’atto di battesimo, conservato nell’Archivio Diocesano di Salerno, dove si legge: “Anno Domini 1680 21 mensis 9bris Ego Dominus Franciscus Antonius Arduinus Canonicus Curatus in Collegiata Ecclesia Sancti Micahelis Archangeli (Castileonis) baptizavi infantem natum eodem die ex Mathia Bottigliero et Antonia de Calce coniugibus terre Castileonis cui impositum fuit nomen Mathei Orientis”. Dunque, Matteo Bottiglieri, figlio di Mattia e Antonia de Calce (o della Calce) nacque e fu battezzato a Castiglione (che allora ancora non si chiamava del Genovesi, non essendo ancora nato l’illustre filosofo ed economista) il 21 novembre 1680 e si trasferì a Napoli all’età di 16 anni, dove iniziò il suo tirocinio nella bottega dei Vaccaro.
In quel secolo, in cui il Barocco fu grande protagonista di una rivoluzione artistica soprattutto meridionale, notevole fu la presenza del Bottiglieri con opere che ancora oggi suscitano grande ammirazione. Si ricorda il Cristo morto nella cripta del Duomo di Capua, probabilmente eseguito su disegno di Francesco Solimena, la Presentazione al Tempio con l’Incoronazione, presente al piano superiore della Guglia dell’Immacolata a Napoli, e il gruppo del Cristo con la Samaritana al pozzo, collocato nel chiostro del Monastero napoletano di San Gregorio Armeno. La strada dei pastori ebbe certamente influenza sull’estro dell’artista castiglionese: a lui si deve lo splendido disegno dello Zampognaro soffiante, conservato al Museo Correale e la realizzazione di alcuni pastori della raccolta di 1.200 figure nell’appartamento vecchio della Reggia di Caserta.
L’attività del Bottiglieri iniziò nel 1717 con il bozzetto per il busto di Sant’Andrea Apostolo, poi fuso in argento per la Cattedrale di Amalfi dall’argentiere napoletano Giuseppe Conforto. Nello stesso anno, sotto la spinta rinnovatrice dell’arcivescovo Poerio, al Bottiglieri vennero commissionati i lavori nella Cappella Lembo, per la quale l’artista, come riferisce Luigi Avino, si impegnò a eseguire lavori di scultura e intaglio e precisamente “due statue laterali di marmo con cornucopie, due aquile di marmo, tre puttini, due teste di cherubini, due capitelli intagliati, due piedistalli delle statue laterali, due imprese e due medaglioni sotto la mensa dell’altare”. Tra il 1716 e il 1723, lavorò con Giovanni Ragozzino e il figlio Filippo alle sculture e agli intagli dell’altare della chiesa salernitana dell’Annunziata, definito dal critico Vittorio Casale esempio di perfezione settecentesca “mai più raggiunta nei marmi”.