Sulle tracce dei mitici giardini partenopei
Per un momento, chiudete gli occhi e immaginate di essere a Napoli nei primi decenni del 1500. La Città è molto diversa da oggi, ha meno di un terzo dell’estensione attuale e la cinta muraria, con le sue 27 porte, contiene poco più che un quartiere dell’attuale metropoli. Le strade non sono pavimentate, col risultato che anche una pioggia un po’ più intensa le rende impraticabili, piene di fango e pozzanghere, o addirittura trasforma tutte quelle vie che dalle colline scendono verso il mare, i cosiddetti cavoni, in piccoli torrentelli, a volte impetuosi e portatori di morte e distruzione.
Ovviamente, la città è buia perché non esiste l’illuminazione pubblica, le strade sono piene di immondizie e sterco di asini e cavalli, perché non c’è neppure l’idea di un servizio di raccolta dei rifiuti. Eppure, tra gli aspetti negativi citati, che fanno storcere il naso a noi viaggiatori venuti dal Terzo Millennio, ci sono tante meraviglie nascoste che vale la pena scovare e ammirare. Tra queste i giardini privati. Tanto per intenderci, non certo i pochi metri quadrati fuori casa cui siamo abituati oggi, ma grandi estensioni di terreno trasformate in stupendi giardini, con alberi da frutta, fiori di mille colori, piante meravigliose e quant’altro si può immaginare per rendere più saldo e completo il legame tra uomo e natura. Un legame che in questa terra era profondo e sentito già al tempo dei primi coloni greci.
Del resto, come si poteva non amare e spesso divinizzare una Natura che offriva di tutto ai suoi figli umani: clima mite, abbondanza di cibo, bellezza da togliere il fiato e condizioni di vita che confinavano altrove la fame e la lotta per la sopravvivenza?
Nel periodo storico in cui ci ha portati il nostro salto immaginario a ritroso nel tempo, c’è tutta una vasta zona, al di fuori della cinta muraria della Città, conosciuta col nome di Limpiano. È un’area che pressappoco ha come punti di confine il borgo Antignano, il borgo dei Vergini, il Mercatello, cioè l’attuale piazza Dante, Montecalvario e, secondo alcuni studiosi si estende addirittura fino a San Martino. Comunque, indipendentemente da quali sono i suoi confini precisi, si tratta di un’ampia area verde. Solo in parte occupata da alcune masserie e per il resto dominio di quella natura dolce e selvaggia, che solo il territorio partenopeo riesce a esprimere.
Qui, nella zona del Limpiano, sorgono tre stupendi giardini, mitici anche nel nome: Paradiso,Carogioiello e Biancomangiare. Sono tre aree che appartengono a famiglie di potenti nobili napoletani. Sono il segno distintivo di una casta, ma sono anche la traccia forte d’un periodo greco e d’un periodo romano che hanno forgiato la cultura e le tradizioni di Napoli e di tutto il Sud d’Italia, prima dell’avvento del Cristianesimo. Basti pensare che Biancomangiare è il nome di un antico dolce di origini greche, composto da latte, farina e zucchero (tutti di colore bianco), conosciuto e preparato in tutta l’area del Mediterraneo, dalla Turchia alla Spagna, che nel Medioevo si trova anche sulle tavole dell’Europa del Nord. Non a caso, oggi, il Biancomangiare è considerato un dolce tipico della Sicilia, cuore pulsante della Magna Grecia, ed è stato inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle Politiche Agricole.
Ma tornando ai nostri giardini, ricordiamo che avranno vita breve. L’espansione della Città, legata alla crescita demografica che, in pochi decenni, porterà Napoli a contare ben 400mila abitanti, impongono l’ampliamento della cinta muraria. I mitici giardini saranno fagocitati da case, palazzi e nuove strade. Il primo a cadere sotto i colpi dell’espansione sarà il Biancomagiare, che ha il suo nucleo centrale in piazza Sette Settembre (i napoletani, ancora oggi, continuano a chiamarla Piazzetta dello Spirito Santo). Una prima parte del meraviglioso giardino verrà espropriata nel 1536 dal viceré Pedro Álvarez de Toledo per costruire Via Toledo e la parte restante, che guarda verso la futura piazza del Gesù, sarà rasa al suolo qualche anno dopo dal vicerè Pietro Afan di Ribera per realizzare via Monteoliveto e via Sant’Anna dei Lombardi.
Confina col Biancomangiare il Giardino Carogioiello (ricordato dal Celano come Bel Gioiello), che si estende fino a piazza Salvo D’Acquisto (Piazza Carità). L’allargamento della cinta muraria e la costruzione di numerosi palazzi nobiliari lungo la nuova strada Toledo, porterà in breve alla sua sparizione. Ne rimarrà solo una traccia nella strada di collegamento tra via Sant’Anna dei Lombardi e via Toledo, vico Carogioiello, che poi diverrà via Tommaso Senise.
Un discorso a parte merita il giardino Paradiso, perché le tracce storiche di questo luogo sono contrastanti tanto da fare pensare che ci sia più di un giardino con questo nome. Forse quello più grande è collocato alla fine della Pignasecca, proprio all’uscita di Porta Medina, l’area dove sorgerà la stazione della Cumana di Montesanto. Qui ci sarà un ideale quadrilatero aperto che sarà formato da Salita Paradiso, Vico Paradiso e Gradini Paradiso tutto confinerà a monte con l’area verde del Parco dei Quartieri spagnoli, forse l’ultima traccia di un verde antico in un’area completamente urbanizzata che registrerà tra le più alte densità di popolazione in Europa.