Ennio Tomai, un genio da scoprire
A Napoli, nella quartiere del Vomero, troviamo una villa antica, piena di fascino e di storia, al cui interno, è ubicato quello che lo scultore Ennio Tomai, nato a L’Aquila nel 1893 e morto a Napoli nel 1969, scelse come suo studio. Il locale, che dà sul cortile, era chiuso da una rete da pescatore, posizionata al posto della porta dallo stesso Tomai, così che gli uccelli che possedeva potessero volarvi liberamente E proprio gli uccelli diventarono oggetto delle sue sculture, che molti critici definirono veri e propri monumenti ai volatili. La stessa critica d’arte Palma Bucarelli apprezzò presto la qualità di questi lavori e ne inserì uno nel Museo Nazionale di Arte Moderna di Roma, da lei diretto. È bene sottolineare che non esiste nel panorama dell’arte napoletana e forse anche di quella italiana di quel periodo una personalità geniale e poliedrica come quella di Tomai, che Giuseppe Santomaso, noto pittore e studioso, definì “un piccolo Leonardo”.
Al contrario degli artisti napoletani, Tomai era solito spostarsi di frequente, in modo particolare tra Svezia, Russia e Francia, fatto che contribuì ad allargare gli orizzonti della sua ricerca a beneficio anche dei sui alunni (insegnò presso l’Istituto Statale d’Arte Filippo Palazzi di Napoli). Tra i tanti nomi autorevoli che hanno scritto in modo lusinghiero su Tomai, ricordiamo il critico e pittore Paolo Ricci, il critico Piero Giraci e Mario De Micheli, il quale sebbene non nutrisse simpatia per un artista del regime fascista non poté fare a meno di apprezzarne la produzione. Tomai, il quale si arruolò in guerra senza mai trascurare l’arte, sua più grande ambizione, è noto, tra l’altro, per la sua bontà e per la sua grande sensibilità: bastavano un tramonto, un albero o un fiore per farlo commuovere. Sia nel realizzzare i suoi famosi monumenti celebrativi contro la guerra (vale per tutti quello ben conservato di Ogliastro Marina), che nella ritrattistica, Tomai coniugò la perfezione dell’arte greca e la sapienza realistica dell’arte romana con una visione e una linea moderne, vicine a quelle dei grandi scultori italiani, da Giacomo Manzù a Marino Martini, da Arturo Martini a Marino Mazzacurati.
È difficile dire fin dove arrivavano la genialità e gli interessi di Tomai. Era attore, regista, maestro della fotografia, abile nell’arte del gioiello, cesellatore, scultore. Per Tomai essere scultore significava conoscere tutte le tecniche e i segreti che questo mestiere porta con sé, (dalla manualità della creta fino all’arte delle patine).
Di grande importanza sono poi i manifesti che Tomai realizzò per la “Lombardo Film”, per la “Vomero Film” e per la “Tina Film”, nonché i cartelloni a scopo pubblicitario. Conosciamo un Tomai inventore di obiettivi per la fotografia e di una serie di complicati forni per realizzare la fusione delle opere e degli smalti a fuoco. Vi è un Tomai studioso e scopritore di alcune opere dell’impressionismo francese e dell’Ottocento napoletano. Un aspetto intrigante era la fortissima autocritica che caratterizzava Tomai: molto lunghi erano i tempi che impiegava per considerare una sua opera ultimata e, talvolta, dato che avrebbe dovuto chiedere un prezzo alto (che forse nessuno avrebbe pagato), preferiva non venderla. Ancora oggi, purtroppo, manca uno studio completo su questa “eccellenza” del mondo dell’arte napoletana, così come non è stata allestita un’esposizione tale da condurre finalmente Tomai “fuori dall’ombra”.