Giovani, la Ricetta “Bennato”
Una ricetta contro la crisi giovanile? Il potere della musica popolare. O per dirla alla Bennato (Eugenio, ndr) “Taranta power”. Si, perché il noto cantautore partenopeo classe 1948, che fin dagli Anni Settanta ha studiato a fondo tutta la musica popolare del Sud Italia, non fermandosi soltanto a quella della sua regione, è stato uno dei primi artisti a capire l’immensa energia che questo genere stava profondendo, sopratutto nei giovani.
Il suo impegno in questa direzione lo ha visto coinvolto prima come uno dei fondatori della Nuova compagnia di canto popolare (Nccp), poi del gruppo Musicanova, fino a dar vita nel 1999 a Taranta Power, un movimento per la valorizzazione di questa cultura.
Come si legge da un estratto del manifesto, scritto dallo stesso fondatore: “La leggenda della taranta libera ancora oggi energia, spinge al ballo nuove generazioni del Sud e del Nord e il passo della tarantella conduce musicisti, artigiani, pittori, scrittori verso sentieri mai percorsi… La taranta stimola il confronto e il contatto fra i popoli. Oggi sta scoprendo dimensioni e numeri che fino a poco fa appartenevano solo al mondo del rock e della musica leggera, proprio per un’esigenza di riappropriarci di un segnale musicale in cui riconosciamo le nostre radici, al di fuori di ogni moda esterofila e massificante”.
Eugenio Bennato, impegnato attualmente sia sul fronte live a livello internazionale che a mettere nero su bianco idee per nuovi lavori discografici, crede che oggi più che mai questo genere possa aiutare i giovani alla riscoperta dei valori per emergere in futuro, anche grazie al racconto, riscoperta e valorizzazione di figure storiche dimenticate. O creando momenti di incontro tra i ragazzi nonostante l’appiattimento dei rapporti interpersonali che ultimamente passano più dai social network che dal contatto diretto, come ha raccontato l’artista in questa intervista a “Partenope”.
Eugenio, la musica popolare contribuisce ad arginare la disgregazione sociale?
C’è voglia di musica popolare, molta più di un tempo, sopratutto nelle giovani generazioni. Se dieci anni fa l’interesse per questo tipo di canzoni in genere si era affievolito e l’attenzione verso i suoni della civiltà contadina era in estinzione, oggi ci sono scuole di taranta o pizzica nelle maggiori capitali europee. Ma dirò di più, siamo appena rientrati con il gruppo da una tournée in Sud America, passando da Buenos Aires a Caracas dove siamo stati non solo per suonare, ma perché chiamati per dei veri e propri stage di musica popolare. Questo conferma un nascente e sempre più ampio interesse nel mondo per questo genere. Ma la musica popolare va anche oltre questa funzione.
Cioè?
É una vera e propria risposta alla minaccia di totale globalizzazione che tende a imporre modelli planetari. La riscoperta delle proprie origini e tradizioni tramite l’analisi della nostra terra passa anche dalla musica.
Incontri molti giovani durante i tuoi concerti, come vedi il loro futuro?
Un esempio per tutti, la scorsa estate sono stato chiamato a suonare alla Notte della Taranta, festival salentino ormai famosissimo che si tiene da anni ad agosto a Melpignano e che attira circa 130mila persone nella serata clou. Non ho preso in prestito la rassegna per parlare di presenze o di numeri, anche se faccio i complimenti agli organizzatori, ma per raccontarvi delle facce, sopratutto dei ragazzi. Non vorrei fare il facile profeta, posso dire che ho visto nei volti una presa di coscienza della loro storia e delle loro energie che li farà sicuramente emergere. Una risposta così importante a un festival di quel tipo è una delle chiavi di lettura.
Si parla però solo di crisi di valori e di identità, con costante perdita di speranza nelle nuove generazioni.
Non c’è dubbio che una sottocultura come quella di una certa tv spinga verso quella tragica direzione, ma per la maggioranza dei teenager è diverso, combattono le difficoltà con una presa di coscienza più esplicita che un tempo. E i social network stanno in qualche modo dando una mano quando sono fruiti come un mezzo democratico contro l’impenetrabile fossa del potere.
Non credi però che ci sia bisogno di rinnovare anche qualcosa di tradizionale come le canzoni popolari?
É quello che stiamo facendo con le più recenti ballate sui briganti. Il brano Ninco Nanco racconta le avventure del brigante lucano Nicola Summa, chiamato cosi in battaglia. Fino a poco tempo fa questa figura anche un poco fiabesca era sconosciuta, ora è un’icona perché i ragazzi ai nostri concerti oltre a “Brigante se more” intonano anche questo nuovo inno. La canzone su YouTube ha già mezzo milione di visualizzazioni.
Quindi vuoi dire che Ninco Nanco rimpiazzerà la tua storica ballata scritta nel 1980 con Carlo D’Angiò?
Questo non lo so, ma credo che molto probabilmente avrà lo stesso positivo destino. Creare oggi pezzi di musica popolare vuol dire fissare una tappa per farli ricordare in futuro alle generazioni che verranno e che potranno usarle come inni o manifesti.
Con tutta questa responsabilità che cosa hai in mente per il futuro?
Guarda, da qui a fine anno rimango in zona perché sono ospite di alcune date partenopee di Pino Daniele a fine dicembre. Poi nel 2014 ritorno in Sud America passando dalla Francia fino ad alcuni Paesi dell’Est Europa. Sto pensando a cose nuove, senza dimenticare il mio ultimo album “Questione meridionale”, lavoro uscito nel 2011, di cui sto ancora prendendo coscienza in pieno.