Italia, paese delle “mezze tacche”

Italia, paese delle “mezze tacche”

L’intero Paese, con il Sud in testa, oggi, è occupato da una politica tentacolare, che è uscita dalle stanze delle istituzioni e dalle sedi di partito per invadere la società civile. È un’occupazione sistematica e asfissiante di ogni settore della vita sociale e produttiva che, sempre più spesso, fa violenza anche alla sfera privata del cittadino. Il caso del ministro Cancellieri e delle telefonate a Ligresti ne è l’esempio lampante: la politica mette lo zampino in tutto. Ora, al di là delle derive giustizialiste, talebane e perciò lontane dal buonsenso comune, resta il fatto che oggi, l’acquisizione del consenso politico avviene soprattutto attraverso i favori. La raccomandazione per ottenere il posto di lavoro, la promozione, una licenza o un appalto è un costume tanto diffuso in tutto il Paese, che il termine meritocrazia andrebbe definitivamente cancellato. Almeno dal vocabolario italiano. Il risultato è che a occupare i posti di comando, anche quelli importanti, ci sono, sempre più spesso, soggetti indicati dalla politica, cioè raccomandati, e non persone scelte in base alla loro preparazione e alle loro qualità umane e professionali. La sintesi della nostra attuale situazione potrebbe essere: “gli incapaci al potere” con un bello stipendio e prebende varie e chi vale veramente, per capacità e preparazione – soprattutto tra i giovani – via all’estero, dove la meritocrazia non è concetto astratto. E quando parliamo di potere intendiamo non solo i palazzi della politica, ma anche la guida di un reparto ospedaliero o di un semplice servizio pubblico che rilascia documenti ai cittadini. Ciò che dovrebbe farci davvero riflettere è il meccanismo perverso con cui i partiti e la politica, da destra a sinistra, stanno uccidendo le possibilità di crescita del nostro Paese e del Mezzogiorno in particolare. Di come stiano svendendo il Paese a una Germania sempre più aggressiva e a una Comunità europea fatta di stupidi burocrati e sempre più distante dai nobili obiettivi per cui fu costituita. Di come le regole che ci siamo fatti imporre stanno privando i nostri giovani della speranza di costruirsi un futuro. Non credo sia azzardato, o fuori luogo, definire l’acquisizione del consenso attraverso la raccomandazione come una mentalità camorristica. Al pari di quella dominante nei clan della malavita organizzata, che corrompe, uccide, minaccia e ricatta per raggiungere guadagni illeciti sulla pelle di tutti. Soprattutto sulla pelle di quelli che rispettano le leggi e pagano le tasse e che vorrebbero una politica che ha come unico obiettivo il bene comune. Dal punto di vista etico, non c’è grande differenza tra il criminale che impone il pizzo al commerciante e l’esponente politico che, per guadagnare voti, favorisce chi non merita a scapito di tanti altri che hanno maggiori titoli e capacità. Ma dico di più: camorristici sono anche la mentalità e l’atteggiamento di chi accetta o, peggio ancora, di chi ricerca la raccomandazione. Quest’ultima osservazione offre l’opportunità di dire che se le cose intorno a noi non vanno bene, dobbiamo cominciare a cambiarle dal basso, dalla nostra vita quotidiana, dai nostri comportamenti. Allora sì che avremo la forza necessaria per abbandonare il “tira a campà” e spazzare via chi governa per gli utili suoi e non per il bene collettivo. Le regole del gioco vanno riscritte e dobbiamo riscriverle noi, a cominciare dalla nostra vita di ogni giorno. Non possiamo più consentire che il nostro futuro sia nelle mani di pochi affaristi, cialtroni e corrotti. Se utilizzeremo il nostro cervello e se crederemo nelle nostre idee, saremo in grado di fare molto di più e molto meglio di loro. Soprattutto, se rifiuteremo quei modelli di vita e di comportamento che, in cambio di qualche piccolo vantaggio immediato per i singoli, creano danni a tutti. A noi per primi, togliendoci la speranza di un futuro migliore.

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