Il Giornale che non c’era
Partenope ieri, oggi e domani non è solo un portale Internet e una rivista in formato cartaceo, ma un progetto culturale più ampio, che nasce con l’obiettivo di aggredire la disgregazione sociale del Meridione d’Italia e ridare la speranza nel domani, soprattutto alle nuove generazioni. Un popolo senza speranza non può né scegliere, né costruire un futuro. Si tratta di proporre un modello alternativo a quello che ci è stato imposto, sia nell’ordine nazionale che in quello mondiale, dall’alta finanza, dalle banche, dalle multinazionali e dalle più diverse burocrazie. Il profitto non può più essere il perno intorno al quale ruota tutta la società.
I danni di questo sistema sono sotto gli occhi di tutti e oggi, in seguito alla crisi dell’economia mondiale, sono ancora più evidenti. I nostri giovani, volutamente cresciuti a calcio (pallone!), pubblicità e a Grande fratello, per spegnerne le idee e lo spirito critico, sono disperati, perché non vedono futuro. L’unica loro risposta, fatte le debite eccezioni, è la fuga. Scappano in altre terre, in altri Paesi a caccia di quel domani che qui pensano di non poter avere. “Perché questa è una terra povera”. In realtà, non è così. Questa non è una terra povera, ma un’area che è stata volutamente impoverita.
Noi camminiamo sull’oro e, invece, vogliono farci credere che viviamo sulla monnezza. Nel suo romanzo “La Pelle”, Curzio Malaparte scriveva nel 1949: «Napoli è la più misteriosa città d’Europa, è la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. È la sola città del mondo che non è affondata nell’immane naufragio della civiltà antica. Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Non è una città: è un mondo. Il mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno». Basterebbero da sole queste parole a far comprende le nostre ricchezze, che non sono fatte solo di monumenti e bellezze naturali, ma anche di una storia eccezionale e affascinante. L’obiettivo delProgetto Partenope è attingere a questa storia, per creare soprattutto nelle giovani generazioni, il senso di appartenenza alla comunità e, quindi, anche l’orgoglio d’essere napoletani. L’intento è contribuire a ripristinare il peso e il valore della cultura, quale elemento determinante di qualsiasi processo di sviluppo economico e sociale di un territorio. È una ricerca della crescita attraverso la conoscenza, che punta sul rispetto della persona, mettendo al centro l’uomo e non il profitto. Operazione da realizzare utilizzando, nella maniera inversa, quelle stesse tecnologie di comunicazione che hanno portato a un livellamento culturale verso il basso. Recuperando il passato, mentre si lavora per costruire il futuro.
È un’utopia? Non credo proprio. Basta solo fornire l’alternativa al fallimentare modello attuale e diffondere il seme del cambiamento. Qualche anno fa, mi è capitato di leggere “L’uomo che piantava gli alberi”, un meraviglioso racconto di Jean Giono, nato da una vicenda realmente accaduta. È la storia di Elzéard Bouffie, un pastore che dopo la morte della moglie e del figlio, si ritira a vita solitaria e decide di dedicarsi solo a piantare alberi nella terra desolata nella quale vive, tra le montagne della Provenza. Elzéard, uomo solitario e tranquillo, che prova piacere a vivere lentamente, con le pecore e il cane, riesce nel suo intento: trasforma una landa brulla in una rigogliosa foresta. Da solo e senza mezzi, ridà alla Natura violentata ciò che gli uomini le hanno sottratto. Un esempio di un amore, incondizionato per la propria terra, un amore generoso e gratuito. Perché non possiamo, anche noi, piantare i nostri semi per far conoscere a tutti, giovani e meno giovani la storia meravigliosa della nostra città e di tutto il Meridione? Se si conosce la Città e le sue vicende eccezionali e affascinanti non si può non amarla, difenderla e quindi anche condividerne tutti le grandi ricchezze.